Quando il sarcoma colpisce direttamente gli organi riproduttivi può danneggiare la funzione riproduttiva di un paziente in età fertile. È fondamentale che il paziente molto giovane o in età fertile si confronti con il proprio medico e con il team terapeutico, che potranno fornire un consulto con uno specialista per preservare la fertilità, subito dopo la diagnosi e prima dell’avvio del trattamento oncologico(1).


Anche le terapie farmacologiche antitumorali possono provocare una menopausa e/o andropausa precoci e talvolta l’infertilità, temporanea o permanente. Le conseguenze, in termini di esperienza, progettualità e impatto emotivo, variano da individuo a individuo, in relazione all’età del paziente, alla volontà o meno di avere figli, alla presenza di altri figli.


Il recente accordo fra Governo italiano, Regioni e Province autonome di Trento e Bolzano, siglato il 21 febbraio 2019 durante la conferenza permanente Stato-Regioni, ha posto in primo piano l’obiettivo della tutela della fertilità nei pazienti oncologici2 L’accordo si fonda interamente sul documento redatto dal Consiglio Superiore di Sanità (maggio 2017-giugno 2018) intitolato “Tutela della fertilità nei pazienti oncologici”, e riconosce già nella premessa che “la funzione riproduttiva … si colloca al centro della progettualità stessa della vita umana”.


Fra gli studi citati nel documento, c’è il lavoro retrospettivo condotto dal Policlinico Sant’Orsola Malpighi, in collaborazione con l’Istituto Ortopedico Rizzoli di Bologna, su 92 pazienti di età compresa fra i 14 e i 51 anni, affette da osteosarcoma e sottoposte a chemioterapia: 24 in età prepuberale, e 68 in età fertile. Il 69% delle pazienti in età post puberale è andata in amenorrea durante il trattamento, ma di queste solo il 2% è risultata permanente 3. Le gravidanze intraprese al termine del trattamento da 20 pazienti, nell’arco dei 9 anni successivi, hanno avuto un esito positivo – 3 aborti volontari, 17 giunte al termine e con neonati sani. Un altro studio di coorte danese citato nel documento ha preso in esame 1037 gravidanze di 472 pazienti oncologiche trattate con chemioterapia e/o radioterapia, e non ha evidenziato alcuna associazione significativa fra le malattie genetiche rilevate nei neonati e i trattamenti farmacologici subiti.


C’è tuttavia una criticità da segnalare nell’accordo citato, ed è quella del limite imposto alle risorse umane, finanziarie e strumentali da impiegare per raggiungere l’obiettivo della tutela della fertilità dei pazienti oncologici– risorse che non devono essere implementate per non gravare sulla finanza pubblica.


Circa le diverse metodiche per preservare la fertilità, per i pazienti uomini c’è la possibilità di depositare il proprio sperma in una banca del seme. Per i pazienti in età prepuberale, o in caso di conta insufficiente dello sperma ai fini della conservazione in una banca del seme, esistono altre tecniche come l’estrazione dello sperma testicolare e la maturazione in vitro dei gameti. Per le pazienti donne, c’è la metodica di crioconservazione del tessuto ovarico in alcuni centri specializzati, all’interno di protocolli di ricerca sperimentale, o il trapianto autologo del tessuto ovarico. Fortunatamente oggi le nuove terapie molecolari targettizzate offrono migliori profili tossicologici e maggiore sicurezza per preservare la fertilità, e la ricerca sta esplorando ulteriori possibilità sia terapeutiche, sia per preservare la fertilità dei pazienti. (PS)

[1] Lopategui D M, Yechieli R et al. 2017. Oncofertility in sarcoma patients. Trans Androl Urol; 6(5):951-8.
[2] Presidenza del Consiglio dei Ministri 2019. Tutela della fertilità nei pazienti oncologici per la definizione di un percorso diagnostico assistenziale (PDTA) per pazienti oncologici che desiderino preservare la fertilità. Rep. Atti n. 27/CSR del 21 febbraio 2019.
[3] Longhi A, Porcu E et al. 2000. Reproductive functions in female patients treated with adjuvant and neoadjuvant chemotherapy for localized osteosarcoma of the extremity. Cancer; 89(9):1961-5.

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